Avrebbe festeggiato come festeggiano tutti gli altri giovanissimi della sua età. Avrebbe festeggiato con la sua famiglia magari spegnendo diciassette candeline insieme a mamma Lucia, papà Giulio ed al suo fratello minore. E poi chissà, magari avrebbe festeggiato ancora con gli amici. Avrebbe scartato doni su doni magari rinchiusi dentro della carta colorata con delle stampe buffe. E avrebbe sorriso. Sorriso alla vita come solo la semplicità di un ragazzo di diciassette anni sa fare.
Putroppo, però, quel ragazzo oggi non riceverà nessun augurio. Niente doni. Niente torta. Niente abbracci da parte della sua famiglia. Niente baccano con gli amici. Quel ragazzo giace, ormai, esanime all’interno della struttura cimiteriale di Siracusa. Giace li, dove quotidianemente, mamme e papà piangono il proprio dolore nel tentativo, purtroppo vano, di abbracciare l’anima dei propri figli volati in cielo troppo in fretta. Quel giovane che oggi avrebbe spento diciassette candeline si chiamava Renzo. Renzo Formosa.
A ricordarlo oggi è mamma Lucia che da 22 aprile del 2017 , ormai, non trova pace. Renzo, il “suo” Renzo, è morto mentre faceva ritorno da scuola in sella al suo motorino. E’ morto, dopo ventiquattro ore di agonia, dopo che è stato travolto in prossimità di una curva in via Cannizzo, secondo le ricostruzioni, da un’autovettura guidata da un 23enne che viaggiava in direzione opposta.
<Vorrei solo che il sorriso di mio figlio non venga dimenticato e che la Procura faccia in fretta affinché chi ha sbagliato paghi – dice mamma Lucia con gli occhi pieni di lacrime di rabbia e dolore – perchè il letto di Renzo è ormai rimasto vuoto ed i nostri cuori hanno smesso di battere nello stesso momento in cui ha smesso di battere il suo>.
<Ovunque tu sua – conclude Lucia – ti giungano gli auguri di buon compleanno amore mio bellissimo, anche oggi l’unica cosa potrò fare è starti accanto poggiando le mie labbra nel freddo marmo e portandoti i fiori più belli>.